LA RESPONSABILITA’ DEL PROPRIETARIO DELLA STRADA

La responsabilità del proprietario della strada aperta al pubblico per i danni cagionati dalla conformazione stradale all’utenza rientra nell’ambito della responsabilità da cose in custodia, prevista dalla norma contenuta nell’art. 2051 c.c..

Ai sensi dell’art. 2051 c.c.: “Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”.

Come emerge chiaramente dal tenore della norma, tale responsabilità, che per questo ha natura oggettiva, è superabile unicamente dalla dimostrazione, a carico del proprietario, che l’evento dannoso sia stato prodotto dal caso fortuito.

Tribunali, Corti di merito e Corte di Cassazione, ripetutamente si sono pronunciate in tema di caso fortuito, che, quale esimente legale della responsabilità da cose in custodia, ha da sempre assunto un ruolo centrale e decisivo nei giudizi aventi ad oggetto il risarcimento del danno “stradale”.

L’evoluzione giurisprudenziale in tema di responsabilità ex art. 2051 c.c. è quindi giunta, negli ultimi anni, a delineare con un sufficiente grado di certezza l’ambito di applicazione del caso fortuito.

Se in un primo momento gli sforzi giurisprudenziali si erano concentrati maggiormente nell’individuare, quale fattore scriminante, la ricorrenza di fattori esterni, estranei alla cosa oggetto di custodia, che con la propria portata avessero un’efficienza causale attiva nella produzione dell’evento lesivo, tali da poter essere ritenuti idonei ad integrare il caso fortuito, la sempre più copiosa casistica che ha interessato tutti i tribunali di Italia ha imposto ai giudicanti una riflessione più profonda sul tema.

Tant’è che l’unanime giurisprudenza di legittimità è ora concorde nel ritenere che, oltre all’intervento di fattori esterni ed imprevedibili nella causazione del sinistro ovvero nella modifica repentina dello stato di fatto della “bene custodito” (strada, marciapiede, parco, etc) che non abbia consentito al custode di rimuovere tempestivamente i pericoli insorti, ai fini del riconoscimento del caso fortuito, e quindi dell’esclusione della responsabilità del proprietario, debba valutarsi compiutamente anche il comportamento del danneggiato.

Sul punto, si dice in giurisprudenza che sussista un dovere di cautela in capo a tutti coloro che entrino in contatto con la “cosa custodita” (strada, marciapiede, parco, etc), rispondente al principio di solidarietà ex art. 2 della Costituzione; da ciò discende l’obbligo in capo agli utenti della strada (siano essi pedoni, ciclisti, conduttori di auto e moto) di adottare condotte idonee a limitare gli aggravi per i terzi, in nome della reciprocità degli obblighi derivanti dalla convivenza civile.

Semplificando, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento danno

Massima a Corte di Cassazione, sentenza del 26 maggio 2020, n. 9693:

“Il riconoscimento della natura oggettiva del criterio di imputazione della responsabilità da cose in custodia – infine – si fonda sul dovere di precauzione imposto al titolare della signoria sulla cosa custodita, in funzione di prevenzione dei danni che da essa possono derivare; tuttavia, l’imposizione di un dovere di cautela in capo a chi entri in contatto con la cosa risponde a un principio di solidarietà (ex articolo 2 della Costituzione), che comporta la necessità di adottare condotte idonee a limitare entro limiti di ragionevolezza gli aggravi per i terzi, in nome della reciprocità degli obblighi derivanti dalla convivenza civile, di tal modo che quando il comportamento del danneggiato sia apprezzabile come ragionevolmente incauto la indagine eziologica sottende un bilanciamento fra i detti doveri di precauzione e cautela.”.

Massima a Corte di Cassazione, sentenza n. 20341/2021:

“Quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento danno”.

(vedi anche Cass. ord. 3 aprile 2019, n. 9315; con riferimento a danni originati dalla presenza di buche nella pavimentazione stradale, Cass. Sez. 6-3, ord. 30 ottobre 2018, n. 27724, Cass. Sez. 6-3, ord. 22 dicembre 2017, n. 30775).

Modena, 04.10.2021

Avv. Cirto Milanese

IL MEDIATORE IMMOBILIARE HA DIRITTO ALLA PROVVIGIONE ANCHE SE NON E’ STATO ESPRESSAMENTE INCARICATO

Con la recente sentenza 7029 del 12/03/2021 la Corte di Cassazione è intervenuta in materia di diritto al compenso del mediatore.

Sulla scorta di una precedente giurisprudenza, inaugurata da Cass. Civ. n. 25851/2014 e ribadita da Cass. Civ. n. 11656/2018, la Suprema Corte ha ritenuto non indispensabile il preventivo conferimento di incarico al mediatore affinché sorga il suo diritto alla provvigione.

Sostiene infatti la Corte che ai fini del diritto alla provvigione è necessario e sufficiente che il mediatore abbia messo in relazione le parti, realizzando il presupposto indispensabile per l’avvenuta conclusione del contratto.

La pronuncia in esame si appalesa coerente e fedele alle disposizioni in tema di mediazione, che disciplinano l’attività del mediatore: art. 1755 c.c.“1. Il mediatore ha diritto alla provvigione da ciascuna delle parti, se l’affare è concluso per effetto del suo intervento.

  1. La misura della provvigione e la proporzione in cui questa deve gravare su ciascuna delle parti, in mancanza di patto, di tariffe professionali o di usi, sono determinate dal giudice secondo equità.”.

Giova tuttavia ricordare che ai sensi dell’art. 6 L. n. 39/1989 il diritto alla provvigione del mediatore è comunque subordinato all’iscrizione dello stesso presso l’apposito albo istituito presso ogni Camera di Commercio.

In difetto, anche qualora l’affare si sia concluso grazie al suo intervento, questi non avrà diritto ad alcun compenso.

Massime a Cassazione civile sez. II, 12/03/2021, (ud. 27/01/2021, dep. 12/03/2021), n.7029:

“Ai fini della configurabilità del rapporto di mediazione, non è necessaria l’esistenza di un preventivo conferimento di incarico per la ricerca di un acquirente o di un venditore, ma è sufficiente che la parte abbia accettato l’attività del mediatore avvantaggiandosene.”;

“Il rapporto di mediazione, inteso come interposizione neutrale tra due o più persone per agevolare la conclusione di un determinato affare, non postula, infatti, necessariamente un preventivo accordo delle parti sulla persona del mediatore, ma è configurabile pure in relazione ad una materiale attività intermediatrice che i contraenti accettano anche soltanto tacitamente, utilizzandone i risultati ai fini della stipula del contratto.”.

Modena, 08/04/2021

Avv. Veronica Milanese

IL FONDO PATRIMONIALE È OPPONIBILE AI CREDITORI DI CIASCUN CONIUGE PER DEBITI CONTRATTI NELL’ESERCIZIO DELL’IMPRESA O PROFESSIONE?

La Corte di Cassazione civile sez. III, con la sentenza 08/02/2021, n.2904, ritorna a pronunciarsi sul tema dell’opponibilità del Fondo Patrimoniale, previsto dall’art. 167 c.c., ai crediti sorti in occasione dell’esercizio della professione o dell’impresa di uno dei coniugi.

Modificando l’orientamento che si era andato a formare negli ultimi anni, la Corte, sulla scorta della precedente sentenza n. 8201/2020, ha riaffermato la “normale” estraneità dei debiti, contratti nell’esercizio dell’attività professionale o di impresa, ai bisogni della famiglia e quindi la opponibilità del fondo a detti debiti, salvo prova contraria a carico del creditore.

Solo qualora, nel caso concreto, il creditore dimostri la inerenza, diretta o indiretta, dei debiti contratti ai bisogni della famiglia, ai sensi dell’art. 170 c.c. potrà soddisfarsi sui beni costituiti in Fondo Patrimoniale.

La pronuncia contribuisce a restituire piena utilità pratica ad un istituto, quello del Fondo Patrimoniale, che la sempre più restrittiva interpretazione della giurisprudenza aveva man mano eroso, intendendo in senso sempre più lato i bisogni della famiglia.

Resta inteso che la validità ed opponibilità del fondo patrimoniale ai creditori è comunque subordinata alla valida costituzione del fondo con atto pubblico trascritto e annotato a margine dell’atto di matrimonio precedentemente al sorgere del credito.

Massima a Cassazione civile sez. III, 08/02/2021, n.2904:

“In relazione ai debiti assunti nell’esercizio dell’attività d’impresa o a quella professionale, essi non assolvono di norma a tali bisogni, ma può essere fornita la prova che siano eccezionalmente destinati a soddisfarli in via diretta ed immediata, avuto riguardo alle specificità del caso concreto. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione di appello la quale aveva presunto, in assenza di prova di una diversa fonte di sostentamento della famiglia, che i mezzi per il soddisfacimento dei bisogni di questa derivassero dall’attività d’impresa dell’opponente”

Modena, 24/03/2021

Avv. Cirto Milanese

È LEGITTIMO IL DIRITTO DI REGRESSO DEL CONFIDEIUSSORE CHE ABBIA PAGATO SOLO PARTE DELL’INTERO DEBITO COMUNE?

La Corte di Cassazione sez. III Civile è recentemente intervenuta, con ordinanza 22 settembre 2020 – 16 marzo 2021, n. 7279, in tema di fideiussione omnibus, prestata cioè per tutte le obbligazioni presenti e future (sino al massimo garantito ex art. 1938 c.c.) di un terzo, chiarendo il regime del diritto di regresso tra “confideiussori”.

La Suprema Corte, sul solco di una pregressa giurisprudenza, ha ribadito che: “E’ possibile derogare alla disciplina ex art. 1299 c.c. ammettendo il regresso del condebitore anche quando abbia pagato solo parzialmente il creditore, purché in misura superiore alla propria quota e solo per l’eccedenza.”.

Tuttavia, precisa la Corte, qualora nel contratto con cui è prestata la fideiussione siano presenti clausole che subordinano il diritto di regresso all’effettivo intero pagamento del credito, tali previsioni non possono presumersi nell’esclusivo interesse del creditore e quindi solo da lui azionabili.

E’ compito delle corti di merito accertare quali interessi le parti abbiano inteso tutelare con dette disposizioni, procedendo ad una ermeneutica del contratto fedele ai criteri di interpretazione letterale, funzionale ex art. 1369 c.c. e secondo buona fede o correttezza ex art. 1366 c.c., avendo riguardo allo scopo pratico perseguito dalle parti, quindi alla sua causa concreta.

Pertanto, in presenza di siffatte clausole, potrà essere riconosciuto il diritto di agire in regresso al “confideiussore” che abbia pagato parzialmente, ma in misura superiore alla propria quota, solo qualora tali disposizioni siano state previste ad esclusiva tutela del creditore e quindi siano esse solo da lui azionabili, diversamente le clausole devono intendersi nell’interesse comune di tutte le parti con conseguente possibilità per ogni “confideiussore” di eccepirne la validità.

Con l’ordinanza in oggetto la Cote di Cassazione, accogliendo il ricorso di uno dei “confideiussori” che eccepiva la validità delle clausole limitative del diritto di regresso, ha cassato con rinvio una sentenza della Corte di Appello di Campobasso che aveva confermato il diritto di regresso del “confideiussore”, senza tuttavia aver adeguatamente motivato, alla luce dei principi ermeneutici indicati, l’interpretazione di tali clausole limitative nell’esclusivo interesse del creditore.

Massime a Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 22 settembre 2020 – 16 marzo 2021, n. 7279:

“In tema di obbligazioni solidali l’azione di regresso è esperibile anche dal condebitore che abbia pagato parzialmente il debito solidale, sempre che la somma pagata ecceda la sua quota nei rapporti interni e nei limiti di tale eccedenza, verificandosi una ipotesi di depauperamento del solvens e di correlativo arricchimento dei condebitori, consistente nella parziale liberazione (fattispecie relativa ad un contratto di fideiussione omnibus stipulato da tre soci con una Banca, a garanzia delle obbligazioni assunte da due società di cui essi stessi erano contitolari).”

“L’interpretazione del contratto in argomento, e della regolamentazione pattizia dell’azione di ripetizione in particolare, fornita dalla corte di merito si rivela allora in contrasto non solo con il senso letterale delle parole e delle espressioni utilizzate, da verificarsi alla luce dell’intero contesto contrattuale (artt. 1362,1363 c.c.), ma altresì – e primieramente – con i criteri legali d’interpretazione soggettiva del contratto, dell’interpretazione funzionale ex art. 1369 c.c. (che consente di accertare il significato dell’accordo in coerenza appunto con la relativa ragione pratica o causa concreta: cfr. Cass., 13/11/2018, n. 29016) e dell’interpretazione secondo buona fede o correttezza ex art. 1366 c.c. “

Modena, 18/03/2021

Avv. Nicola Pattacini

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