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Autore: RosiRous_86

IL FONDO PATRIMONIALE È OPPONIBILE AI CREDITORI DI CIASCUN CONIUGE PER DEBITI CONTRATTI NELL’ESERCIZIO DELL’IMPRESA O PROFESSIONE?

La Corte di Cassazione civile sez. III, con la sentenza 08/02/2021, n.2904, ritorna a pronunciarsi sul tema dell’opponibilità del Fondo Patrimoniale, previsto dall’art. 167 c.c., ai crediti sorti in occasione dell’esercizio della professione o dell’impresa di uno dei coniugi.

Modificando l’orientamento che si era andato a formare negli ultimi anni, la Corte, sulla scorta della precedente sentenza n. 8201/2020, ha riaffermato la “normale” estraneità dei debiti, contratti nell’esercizio dell’attività professionale o di impresa, ai bisogni della famiglia e quindi la opponibilità del fondo a detti debiti, salvo prova contraria a carico del creditore.

Solo qualora, nel caso concreto, il creditore dimostri la inerenza, diretta o indiretta, dei debiti contratti ai bisogni della famiglia, ai sensi dell’art. 170 c.c. potrà soddisfarsi sui beni costituiti in Fondo Patrimoniale.

La pronuncia contribuisce a restituire piena utilità pratica ad un istituto, quello del Fondo Patrimoniale, che la sempre più restrittiva interpretazione della giurisprudenza aveva man mano eroso, intendendo in senso sempre più lato i bisogni della famiglia.

Resta inteso che la validità ed opponibilità del fondo patrimoniale ai creditori è comunque subordinata alla valida costituzione del fondo con atto pubblico trascritto e annotato a margine dell’atto di matrimonio precedentemente al sorgere del credito.

Massima a Cassazione civile sez. III, 08/02/2021, n.2904:

“In relazione ai debiti assunti nell’esercizio dell’attività d’impresa o a quella professionale, essi non assolvono di norma a tali bisogni, ma può essere fornita la prova che siano eccezionalmente destinati a soddisfarli in via diretta ed immediata, avuto riguardo alle specificità del caso concreto. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione di appello la quale aveva presunto, in assenza di prova di una diversa fonte di sostentamento della famiglia, che i mezzi per il soddisfacimento dei bisogni di questa derivassero dall’attività d’impresa dell’opponente”

Modena, 24/03/2021

Avv. Cirto Milanese

È LEGITTIMO IL DIRITTO DI REGRESSO DEL CONFIDEIUSSORE CHE ABBIA PAGATO SOLO PARTE DELL’INTERO DEBITO COMUNE?

La Corte di Cassazione sez. III Civile è recentemente intervenuta, con ordinanza 22 settembre 2020 – 16 marzo 2021, n. 7279, in tema di fideiussione omnibus, prestata cioè per tutte le obbligazioni presenti e future (sino al massimo garantito ex art. 1938 c.c.) di un terzo, chiarendo il regime del diritto di regresso tra “confideiussori”.

La Suprema Corte, sul solco di una pregressa giurisprudenza, ha ribadito che: “E’ possibile derogare alla disciplina ex art. 1299 c.c. ammettendo il regresso del condebitore anche quando abbia pagato solo parzialmente il creditore, purché in misura superiore alla propria quota e solo per l’eccedenza.”.

Tuttavia, precisa la Corte, qualora nel contratto con cui è prestata la fideiussione siano presenti clausole che subordinano il diritto di regresso all’effettivo intero pagamento del credito, tali previsioni non possono presumersi nell’esclusivo interesse del creditore e quindi solo da lui azionabili.

E’ compito delle corti di merito accertare quali interessi le parti abbiano inteso tutelare con dette disposizioni, procedendo ad una ermeneutica del contratto fedele ai criteri di interpretazione letterale, funzionale ex art. 1369 c.c. e secondo buona fede o correttezza ex art. 1366 c.c., avendo riguardo allo scopo pratico perseguito dalle parti, quindi alla sua causa concreta.

Pertanto, in presenza di siffatte clausole, potrà essere riconosciuto il diritto di agire in regresso al “confideiussore” che abbia pagato parzialmente, ma in misura superiore alla propria quota, solo qualora tali disposizioni siano state previste ad esclusiva tutela del creditore e quindi siano esse solo da lui azionabili, diversamente le clausole devono intendersi nell’interesse comune di tutte le parti con conseguente possibilità per ogni “confideiussore” di eccepirne la validità.

Con l’ordinanza in oggetto la Cote di Cassazione, accogliendo il ricorso di uno dei “confideiussori” che eccepiva la validità delle clausole limitative del diritto di regresso, ha cassato con rinvio una sentenza della Corte di Appello di Campobasso che aveva confermato il diritto di regresso del “confideiussore”, senza tuttavia aver adeguatamente motivato, alla luce dei principi ermeneutici indicati, l’interpretazione di tali clausole limitative nell’esclusivo interesse del creditore.

Massime a Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 22 settembre 2020 – 16 marzo 2021, n. 7279:

“In tema di obbligazioni solidali l’azione di regresso è esperibile anche dal condebitore che abbia pagato parzialmente il debito solidale, sempre che la somma pagata ecceda la sua quota nei rapporti interni e nei limiti di tale eccedenza, verificandosi una ipotesi di depauperamento del solvens e di correlativo arricchimento dei condebitori, consistente nella parziale liberazione (fattispecie relativa ad un contratto di fideiussione omnibus stipulato da tre soci con una Banca, a garanzia delle obbligazioni assunte da due società di cui essi stessi erano contitolari).”

“L’interpretazione del contratto in argomento, e della regolamentazione pattizia dell’azione di ripetizione in particolare, fornita dalla corte di merito si rivela allora in contrasto non solo con il senso letterale delle parole e delle espressioni utilizzate, da verificarsi alla luce dell’intero contesto contrattuale (artt. 1362,1363 c.c.), ma altresì – e primieramente – con i criteri legali d’interpretazione soggettiva del contratto, dell’interpretazione funzionale ex art. 1369 c.c. (che consente di accertare il significato dell’accordo in coerenza appunto con la relativa ragione pratica o causa concreta: cfr. Cass., 13/11/2018, n. 29016) e dell’interpretazione secondo buona fede o correttezza ex art. 1366 c.c. “

Modena, 18/03/2021

Avv. Nicola Pattacini